Il sabato del villaggio a noi fa solletico







Domani arrivano le sorelle. 

Non è mai successo che tutta la mia famiglia, le mie tre sorelle e mia madre, venissero insieme qui negli Stati Uniti a trovare me e la mia altra famiglia, quella con Dan e Luca, Sofia, Emma e i cani.

Lo avevo proposto così, quasi per scherzare, quest’estate, e ci sono stati molti momenti di incertezza: Renata deve lavorare, Anna anche e in più ha due adolescenti, Serena ha appena iniziato un nuovo lavoro. Insomma, sembrava che non se ne sarebbe fatto niente fino alla fine. E poi, d’un tratto, hanno tutte preso il biglietto e domani arrivano. Mia mamma invece è arrivata la settimana scorsa. Poi ripartono tutte e quattro venerdì prossimo.

Una settimana insieme non succedeva dai tempi in cui abitavamo tutte in via Sismondi, con la mamma che lavorava in Rai, Serena alle elementari, Renata all’università, Anna in giro per Milano ad aiutare sfigati di vario tipo e io tra università, lavoro e teatro. Allora era scontato che noi cinque fossimo sempre insieme. Poi io sono venuta negli Stati Uniti, Renata è andata a vivere in via Crema, Anna in un piccolo appartamentino in corso Garibaldi, nel centro di Milano, Serena a Bologna. Tutte via, a diventar grandi, a iniziare le nostre vite da sole. Da allora è stato difficilissimo trovare il tempo di stare tutte insieme: una cena qua e là e basta, ma poi Luca compie diciotto anni, io propongo, insisto e bum, arrivano.

L’attesa è stata lunghissima. Dicevo: mancano solo due mesi; poi: manca solo un mese, poi si è passati alle settimane e infine ai giorni. E adesso siamo alle ultime ore. Poi arrivano.

Scrivo queste cose per cercare disperatamente di mantenere l’emozione dell’attesa, che come diceva Leopardi, è la parte più importante. Il sabato del villaggio, quando tutti sono agitati nel prepararsi per la domenica che aspetti come se fosse la cosa più importante, ma poi arriva e come un sufflé finisce tutto in modo piatto. Per dire che l'attesa, in questi casi, è la parte più emozionante. L’inizio di un’esperienza; finisce l’attesa e finisce anche l’esperienza. La prossima tappa rimasta da aspettare è il momento in cui finisce tutto, il momento in cui ci si saluta all’aeroporto, ci si commuove, e poi quel viaggio straziante fino a casa in macchina, da sola,  quando mi ritrovo nel silenzio a piangere come una bestia.

Inoltre, adesso che non è ancora successo niente, questa esperienza che non è ancora stata vissuta può andare solo come la immagino io: perfetta, senza nessun nodo, piena di risate e pettegolezzi, di partite a Machiavelli, di cene con tutti a parlare insieme, di festeggiamenti, di emozioni.

Ma adesso mentre sto scrivendo sono ancora alla fase dell’attesa del mio film, e cioè ancora la fase bella, il sabato sera. E voglio scriverla perché ci saranno momenti di sconforto quando tutte e quattro partiranno, momenti in cui spererò di poter rivivere almeno in parte la gioia dell’ignoto.

Per cui la crocefiggo qui, sul mio computer. E come un crocefisso, me la guarderò, un giorno, e potrò riviviere almeno in parte questo cosa enorme che è stare con la mia mamma e lel mie sorelle, tutte insieme, e condividerle con Luca, Sofia e Emma. E Dan.

Il potere della scrittura a volte è infinito. Come il tempo.


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