Esercizi di scrittura



È ormai più di un anno che ci lavoro. Al libro, dico. Più di un anno speso a ravanare dentro al mio passato, a cercare di trovare la chiave per poter finalmente lasciare tutto così e andare avanti con la mia vita. Anzi, forse iniziarne addirittura un'altra.

Vorrei una vita che non abbia più il sapore della morte, o il sapore della distanza o quello della malattia mentale. Lo so che è chiedere troppo. Dopo tutto, la mia vita ha preso le curve e le botte che ha preso proprio perché mi è morto il papà che avevo quattordici anni, o perché a diciannove mi sono perdutamente innamorata di un uomo dall'altra parte dell'Atlantico. Oppure, anzi e anche, perché poi ci è nato un figlio handicappato. Grave.

E adesso arrivo qui e mi dico che basta, voglio vivere una vita senza che queste ombre mi sopraffaccino, questi aliti sul collo che mi accompagnano ormai da anni e francamente mi pesano.

Come fare dunque a dire mettetevi da parte, adesso la vita la decido io, non più voi. Adesso prendo io in mano le redini. Forse la cosa migliore è mettere nero su bianco tutte queste vicende per poterle fisicamente mettere via, in un cassetto. Poi sono lì quando le voglio rivedere. Quando mi manca la tenerezza delle coccole di papà, o gli angoli di Milano o un abbraccio di mio figlio. Apro il cassetto e escono da lì come un profumo.

Però la mia vita si alleggerisce senza di loro sempre in primo piano. Posso finalmente volare via, diventare quello che voglio diventare, fare quello che voglio, con gli sgambetti della vita, certo, ma sgambetti creati da me, dalla situazione che mi è davanti, non dietro.

Finalmente è arrivato il momento di diventare grande. Di attraversare la strada
senza la mano di un adulto. Finalmente adesso sono sola. Responsabile.
Le mie situazioni di figlia strana, straniera e madre strana sono state per
anni una tenda dentro cui nascondermi, una scusa da usare che sembrava una bella giustificazione: certo che non lavora, che non è serena, che non risolve. Atro che serenità, altro che carriera. Scuse perfette per qualsiasi tipo di avventura mancata, per qualsiasi situazione che ti espone, che ti rende vulnerabile. Sfido chiunque ad avere
delle scuse del genere.

Poi però sono solo parte della vita. Il resto è roba mia: le sfide, le arrampicate in alto, i momenti di fierezza personali, quella roba sta a me, è assolutamente indipendente da quello che ho passato o sto passando.

E dunque, ecco il libro. Pieno di vita, pieno di momenti che come la colla mi hanno attaccato a una lunga fase di assoluta paralisi. Eccolo qui. È da usare con cautela. Da leggere e piangere anche ridere. Ma soprattutto è da mettere via, nel cassetto.

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