meditate, gente, meditate




Emma mi chiedeva per l’ottava volta un panino con la Nutella, Luca voleva che andassi in camera sua a mettergli Fly me to the Moon su Youtube. Sofia chiedeva di andare dai vicini. In quel momento li’ squilla il cellulare. Con una mano sola, schiacciando il tasto con il mento, rispondo.

E’ Cristina, una donna, bellissima,  incontrata a Cambridge qualche mese fa tramite il mio amico Byrne. Romana e, come Byrne, medico e agopunturista. Tre figli, due coi capelli rossi e le lentiggini, e una bimba con gli occhi intelligentissimi. Il marito, Davide, splendido. Col suo accento romano un po’ scazzato, e sempre con la battuta pronta. Ma la battuta piu’ interessante, piu’ ridicola. Medico e chirurgo, anche lui. Ha smesso di fare il chirurgo perche’, dice,  e’ un lavoro da stupidi. Ripetitivo, noioso. In effetti lui irradia immediatamente una presenza brillante, che va oltre la magia dell’aprire I corpi di sconosciuti.

Comunque, al telefono e’ Cristina, che sembra un po’ quasi impacciata, mi dice ti devo dire una cosa, ma non devi dire di si, ci mancherebbe altro. Emma insiste con la Nutella, e io, incuriosita da Cristina, apro l’armadio e svito il vasetto, solo per farla star zitta.

Stasera, mi dice lei, c’e’ un corso in un centro buddista. Un corso di meditazione. Io e Davide siamo andati la settimana scorsa, abbiamo ascoltato una persona parlare dei principi del buddismo, e abbiamo scoperto che c’e’ sto corso. Se non vuoi venire non importa.
La Nutella, Fly me to the Moon e il bisogno immediato di andare a giocare con le vicine mi spinge a vedere il buddismo come l’unica mia via d’uscita.

Vengo, a qualsiasi ora, in qualsiasi posto, Cristina, sperando che mi dicesse, in Tibet, domani mattina all’alba. Io ci sono. Ride. Una risata composta, ma bellissima. Me la immagino, con I suoi jeans che le stanno da dio ma che lei mette come se fosse una tuta; la sua camicia bianca di lino, aperta fino a mostrare, senza malizia, il reggiseno; I suoi capelli neri e mossi appoggiati sulle spalle. Gli occhi neri, profondi, intelligenti, socchiusi mentre ride delle mie stronzate.
Io di buddismo so solo che il Budda e’ grasso e ha una faccia sorridente, un po’ da pirla. Che tutti ci vogliamo bene e che e’ da frikkettoni. In poche parole, non ne so niente. Renata anni fa aveva un fidanzato, Michele, buddista di quelli che fanno ooommmm quando meditano e hanno l’altarino con il Budda bel paciarotto.

Dopo la Nutella, Emma avrebbe avuto per la prima volta un’amichetta a casa sua a giocare. Tutte e due le bimbe di tre anni, una bianca bianca e l’altra nera con le treccine e le perline per ogni treccina. Che si baciano sempre, ballano perche’ e’ cosi’ che ci si sposa, si vestono con I vestiti di carnevale che Emma ha in camera sua, giocano e ridono. Emma, quando arriva la mamma dell’amica a prenderla, le chiede se Jeneya puo’ stare da noi a cena. La mamma dice, certo, ci vediamo tra un paio d’ore. Nel frattempo, Sofia ha due amici (maschi) con cui gioca a bottiglia, chiusi in camera, che non so se va proprio bene. Luca, ascolta Fly me to the Moon e sembra contento con la manciata di crackers che ha rubato dalla cucina ( me ne accorgo  dai crackers che ha lasciato durante il pecorso, tipo Pollicino).
Per un momento ho avuto l’idea di chiamare Cristina e dire che non ce la facevo. Ma poi, come una luce divina, si presenta Dan e dice vai, ci penso io. Io penso, mi metto il rossetto o lascio perdere? E se poi e’ un crimine buddista, cazzo ne so?

Vado, attraverso Somerville, un quartiere indisutriale, grigio e pieno di grandi magazzini e autostrade. Un posto strano per un centro buddista. Ma poi il satellitare mi fa girare a destra e poi a sinistra, e mi ritrovo in una strada alberata, con le casette e I giardinetti. E Cristina, che mi aspetta. Ci salutiamo e, un po’ emozionata, la seguo. Ci togliamo le scarpe, e entriamo in una bella casa, grande. Dalla porta si intravede a sinistra una televisione mega con la partita di football. Forse dovrei ricredermi sui buddisti…

Attraversiamo un corridoio, e noto che a poco a poco I muri diventano piu’ rossi e arancioni, immagini indianeggianti. Entriamo in una stanza grande, quadrata. Sulla sinistra due statue enormi di asiatici paffuti cin uno sguardo da nirvana, e lei, la sacerdotessa. Vestita con una manta rossa e arancione, capelli rasati e un sorriso aperto. Ci saluta come se niente fosse. Ci sono gia’ altre persone, tutte sulla cinquantina, vestite con gonne e pantaloni da lavoro, semi eleganti comprati nei grandi magazzini che ho appena passato in macchina. Nessun frikkettone, e il mio rossetto ci sta a pennello.

Cristina mi fa vedere dove prendere dei grossi cuscini quadrati (ricoperti di stoffa rosso scuro, il colore del resto della stanza) su cui sedersi. Inizia la lezione. La sacerdotessa parla di cosa vuol dire meditare, di come ci sono due modi di farlo, che e’ difficile imparare, eppure importante quanto il cibo e l’acqua.
Ci spiega cosa fare: dobbiamo chiudere gli occhi e immaginare il Budda, la sua figura e concentrarci su quella figura, scacciando gli alitri pensieri che abbiamo, focalizzare la nostra totale attenzione alla figura davanti a noi, nella nostra mente. Immaginare che il Budda sia fatto di luce, come l’arcobaleno, che la mano puo’ attraversarlo. E poi questa luce ci entra dentro, e ci fa sentire il suo calore, e la sua purezza.

Dice che dobbiamo immortalare non solo l’aspetto fisico del budda, ma anche le sue qualita’ di pace e di amore, e farcele nostre. Si immagina il Budda, dice la sacerdotessa, perche’ lui e’ amore e e’ importante focalizzare la nostra completa concentrazione sul positivo, sull’amore, perche’ se ci immergiamo in amore poi per tutto il giorno sentiamo quell’amore dentro.

Chiudo gli occhi e la sacerdotessa ci invita a focalizzare la nostra attenzione al ritmo della nsotra respirazione. Comincio a sentire le spalle rilassarsi, la testa e il collo si mettono da soli in una posizione naturale, comoda. La sacerdotessa, con la sua voce calma e rassicurante ci invita a immaginare I cuscini su cui il Budda e’ seduto, I fiori di loto. Poi le gambe incorciate, e poi la mano sinistra appoggiata al ginocchio che tocca la terra, come ricordarci del mondo terreno, mentre la sinistra tiene una tazza con dentro I nostri brutti pensieri. E poi il suo vestito gialli e I suoi occhi semichiusi che ci guardano senza pregiudizi e la sua bocca rossa, che sembra stia per parlare per insegnarci.

Mentre lei ci diec cosa fare, io mi immergo completamente nel compito assegnato e cerco di concentrarmi. La mia mente scappa: spero che Dan non stia impazzendo con tutti quei bambini, non ho portato fuori I cani. Ma poi il Budda li’ bel paciarotto, mi guarda (senza pregiudizi, ma comunque non si sa mai). Poi questo budda che e’ fatto di luce si avvicina e entra dentro di me, emana amore felicita’ bellezza, dice la sacerdotessa. Sara’ suggestione, sara’ quel che vuoi, ma ho cominciato a sentire un calore dentro, tipo scalamana, e mi sono sorpresa, e li’ ho perso immagini luci e balle varie e ho aperto gli occhi, per vedere se altri baravano come me. Li ho richiusi e ho cercato ancora il budda, che a quel punto era diventato paciarotto e simpatico un po’ come babbo natale, ma nisba.

Dopo la meditazione, siamo stati invitati ad andare nella stanza dove c’era la tele a vedere un documentario sul buddismo. Con Richard Gere, che comunque ha il suo perche’.
Dopo il documentario avevamo tutti un po’ di domande alla sacerdotessa, che, seduta sul divano, ci ricordava di meditare tutti I giorno, anche per solo dieci minuti. All’inizio, dice, bisogna imparare a esercitare la mente a concentrarsi su un oggetto, un oggetto d’amore. Ho pensato che e’ un po’ come far l’amore, che ci si deve concentrare, ma che spesso la mente scappa e ci si ritrova a organizzare la mattina dopo, il bucato, la spesa. Amore, amore, amore.

E io penso, appoggiata alla macchina fumando una sigaretta che non dovrei con Crsitina, va bene l’amore, ma e’ cosi’ bello far gli stronzi, mi diverte far commenti sulle scarpe dei passanti, quando mi girano I coglioni e la dico tutta a me mi sfoga l’anima e poi sto bene. Che bello odiare, diceva mio padre.

Non credo che diventero’ buddista. Troppo amore.
Pero’ mi piacerebbe imparare a far star zitta la mia testa e riuscire a meditare. Adesso ci provo, tanto dieci minuti volano.

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